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Dal titolo potreste pensare che questo editoriale sia dedicato a come rendere più efficace, responsabile, sostenibile, etica e performante la propria attività lavorativa. Tutti temi decisamente importanti, dei quali abbiamo già parlato e sui quali senz’altro torneremo. Ma oggi il focus è sul termine “sano” nel suo senso puramente letterale. Che si lega a stretto giro a quello di benessere.

Spunto per mettere al centro della nostra e vostra attenzione questa tematica è l’analisi che vi proponiamo nell’articolo di pagina 10. Ogni anno in media la nostra vita si allunga di due mesi e mezzo. Viviamo di più, ma sempre meno in salute. Come mai? Perché aumentano gli anni di vecchiaia, abitiamo in un ambiente più inquinato, ma soprattutto abbiamo uno stile di vita poco equilibrato. Quest’ultimo elemento è quello però su cui possiamo agire con maggior efficacia. Secondo lo studio del Carle Illinois College of Medicine (Usa), presentato in occasione del Nutrition 2023 (il meeting annuale dell’American Society for Nutrition che si tiene a Boston), tra le abitudini che possono allungare la vita di quasi mezzo secolo l’attività fisica si piazza al primo posto, riducendo il rischio di morte di ben il 46%. Diminuire lo stress, seguire una buona dieta, non bere troppi alcolici e dormire bene lo abbassano invece di circa il 20%.

Ma quali sono le modalità più efficaci e potenti per provare a migliorare gli stili di vita, che sono anche fenomeni sociali che si tramandano? Per cambiarli, spesso non basta agire solo sull’individuo, è necessario lavorare sulla comunità. Se ci pensiamo ogni azienda, grande, media o piccola che sia, è una vera e propria comunità. La quale può avere un ruolo decisamente importante in questo processo. Anche perché al lavoro passiamo in media un terzo del nostro tempo (chi più, chi meno) e queste ore condizionano inevitabilmente il nostro modo di vivere e di essere.

Un potente strumento a disposizione proprio delle aziende è il wellbeing, l’evoluzione del welfare. Mentre quest’ultimo si concentra su incentivi e benefit, il wellbeing ha l’obiettivo di promuovere nello specifico il benessere psicofisico. Come? Tramite attività in grado di migliorare lo stile (e quindi la qualità) di vita, portando le persone a stare bene, a lavorare meglio e a incrementare dunque la produttività. Nell’ultimo anno, queste iniziative sono più che raddoppiate e così anche le aziende ricettive e attive, le quali restano però ancora una minoranza.

Eppure questo approccio porta anche innegabili benefici in termini di attrattività e reputation dell’azienda. Secondo alcune ricerche, oltre il 50% delle persone ha un’assai migliore percezione dell’azienda che offre la possibilità di frequentare palestre e centri sportivi a prezzi agevolati e/o nelle vicinanze di casa o ufficio. Così come più del 30% degli inattivi trova proprio nel wellbeing societario l’occasione per incominciare a fare sport. E i vantaggi della pratica sportiva sono ormai scientificamente dimostrati. Quasi il 90% di chi inizia prova un maggiore benessere generale, il 55% sente una riduzione dello stress e quasi il 15% nota un miglioramento della propria performance lavorativa.

Se parliamo nello specifico della corsa? Beh, anche qui i dati non fanno che rafforzare quanto sopra. Come conferma il sondaggio commissionato da Brooks Running all’agenzia di ricerche di mercato EM Onderzoek su 5.500 intervistati nell’area EMEA, di cui 832 italiani, del quale vi avevamo parlato sul numero 9 – 2023 di Running Magazine. L’81% dei runner ama quella sensazione di euforia, rilassamento e benessere generale che prova in seguito all’attività. L’87% vorrebbe aumentarne la frequenza e il 65% pensa che la corsa sia più di un semplice sport. Dati che enfatizzano ancor più il ruolo di tutte le realtà imprenditoriali della running industry “a tempo pieno” (specie aziende e retailer) nel promuovere l’attività sportiva non solo verso i propri attuali o futuri clienti, ma anche verso i propri dipendenti e collaboratori.


Benedetto Sironi

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