
Fesi, la Federazione dell’Industria Europea degli articoli sportivi, rappresenta gli interessi di circa 1.800 produttori di articoli sportivi (85% del mercato europeo) e ha condotto uno studio tra i membri.
In questa sede proponiamo la terza puntata, svolta durante il mese di aprile 2021. L’obiettivo è quello di acquisire consapevolezza sulla situazione europea e garantire una ripresa economica resiliente e sostenibile.
L’80% degli intervistati è composto da marchi e rivenditori, il 12% da produttori e l’8% da fornitori, su un’area geografica che copre i principali focolai dell’epidemia in Europa. Gli intervistati sono composti per il 38% da grandi imprese (più di 250 dipendenti), per il 50% da PMI (tra uno e 249 dipendenti) e per il 12% da associazioni nazionali.
Principali questioni
Sfide più importanti
Gli intervistati dichiarano che la problematica più difficile da gestire è stata quella dell’interruzione della catena di approvvigionamento, seguita dalla crisi delle spedizioni globali e dagli adempimenti delle consegne.
Risposte e azioni di adattamento alla crisi
L’81% delle aziende intervistate ha attivato il telelavoro per i propri dipendenti e il 56% ha dovuto ridurre l’orario del proprio personale a causa della diminuzione dell’attività e della chiusura dei negozi fisici. La digitalizzazione è stata uno dei principali motori del settore, con il 75% delle aziende che l’hanno attivata per varie operazioni. Più della metà degli intervistati ha dovuto posticipare gli investimenti previsti per il 2020 e il 25% ha richiesto prestiti di denaro. Nonostante le difficoltà, quasi il 20% degli intervistati ha potuto effettuare donazioni per sostenere la produzione di mascherine e la ricerca sui vaccini.
Attuazione dei protocolli sanitari
Quasi la metà degli intervistati ritiene che le misure sanitarie siano state di facile attuazione e in media il loro costo è stato di oltre 20.000 euro per azienda, comprese quelle grandi e piccolissime. La problematica è invece legata al fatto che le misure sanitarie siano in continua evoluzione, il che crea una mancanza di chiarezza e prevedibilità. Il 13% delle aziende ha dovuto assumere personale specializzato per occuparsi dell’implementazione delle misure.
Impatto sulle vendite e sul fatturato
Il 75% degli intervistati ha registrato una perdita di fatturato fino al 30% nel 2020 rispetto al 2019. Per il 12,5% degli intervistati, la perdita di fatturato è stata compresa tra il 21% e il 30%. Il 13% delle aziende ha registrato una crescita, dovuta all’incremento dei praticanti degli sport individuali e outdoor (ciclismo, corsa, trekking principalmente). Un segnale positivo, tuttavia, è che quasi la metà delle aziende prevede un impatto minore sul proprio fatturato per l’anno 2021. Il 13% prevede addirittura una crescita del proprio fatturato.
L’impatto dell’e-commerce
Il 62% degli intervistati ha dovuto chiudere i propri negozi fisici a causa delle misure sanitarie e il 25% degli intervistati ha visto un aumento delle proprie vendite online di oltre il 60%. Per il 44% degli altri intervistati l’aumento delle vendite online è stato significativo, dal 20% al 40%. Per quasi il 20% degli intervistati, le vendite online hanno coperto la perdita della vendita fisica di oltre il 60%. Tuttavia il 18% degli intervistati, per lo più PMI, non dispone di un negozio online e quindi non ha potuto beneficiare del boom delle vendite online.
Aspettative positive per il prossimo futuro
Nonostante il forte impatto sul fatturato, oltre l’80% degli intervistati non prevede di fallire nel corso dell’anno. Il 56% è addirittura fiducioso che l’attività economica si riprenderà nel 2021. Per il restante 44%, è più probabile una ripresa economica nel 2022 o nel 2023.
Una maggiore domanda per la pratica di attività all’aperto
Con le restrizioni sugli sport indoor, la domanda di attrezzature outdoor è aumentata, con oltre il 55% degli intervistati che ha segnalato un aumento delle vendite. Quasi il 44% degli intervistati ha visto anche un aumento della domanda di calzature, seguita dalle biciclette con il 37%. Anche i modelli di consumo sono cambiati durante la pandemia, con i consumatori che si sono spostati maggiormente verso la riparazione, piuttosto che l’acquisto di nuovi prodotti. È stato inoltre osservato un aumento del leasing, del noleggio e dell’acquisto di seconda mano.
Trovate l’analisi completa sul n. 09 di Outdoor Magazine.
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